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martedì 11 giugno 2013

Mission impossible

Tre bravi ragazzi.
Oggi pomeriggio con i miei due amici Sasha ed Eusebio, come me attivisti del Vuvvueffe, abbiamo deciso di perlustrare il litorale domizio. Lasciamo la Domitiana e svoltiamo per una strada interna che punta verso il mare. Qui delle puttane nigeriane ci invitano insistentemente con eloquenti gesti ad appartarci con qualcuna di loro. Teniamo duro e proseguiamo. Dopo un centinaio di metri l'asfalto è solo un ricordo e la strada diventa poco più che un sentiero che termina in una piccola radura. Parcheggiamo la Panda del padre di Sasha affianco a un pino su cui sta inchiodato un cartello con dipinta una freccia e una scritta

                                          <=====  spiaggia libera  LIDO ZANZIBAR - bibite fresche

Ci spogliamo, indossiamo i costumi da bagno, lasciamo i vestiti nella macchina e ci incamminiamo fra pini e cespugli nella direzione indicata dalla freccia. Man mano che avanziamo la vegetazione si dirada ed il tappeto di aghi di pino lascia posto ad una sabbia scurissima.
Raggiungiamo la spiaggia dopo pochi minuti di cammino. Il mare è mosso e la poca gente se ne sta sdraiata sotto l'ombrellone o a giocare a racchettoni ma nessuno fa il bagno. Qualche bimbo si diverte a correre sulla riva cercando di non farsi raggiungere dalle lunghe onde.

L'avvistamento.
Siamo lì da un quarto d'ora, quando Eusebio richiama la nostra attenzione verso il mare, non molto al largo, appena oltre il punto in cui le creste delle onde si materializzano prima di rovesciarsi.
Una creatura marina lucida e scura vi nuota a pelo d'acqua, poi si immerge per riemergere poco distante.
Dagli sbuffi d'acqua che emette è evidente che si tratta di un cetaceo. Io propendo per un balenottero, Sasha per un capodoglio. La sua grossa massa riaffiora fra le onde ed avanza spinta dalla corrente verso la riva.
Una volta in gommone ne avevamo visti altri nuotare al largo di Mondragone, sono ormai diventati abbastanza comuni anche da queste parti (buon segno, vuol dire che il mare è pulito) mai visti però così vicini a riva. Emerge e poi si rituffa sollevando alte colonne d'acqua, quindi riemerge e si rituffa ancora un pò più in là. Sembra che stia giocando godendosela un mondo, ma la verità è un'altra: il cetaceo è in grave pericolo. Ha perso il senso dell'orientamento e ignaro si avvicina ad una secca, dove le onde si abbattono e trascinano spumeggiando ogni cosa fino a terra. Se il nostro amico si spiaggia sarà la fine per lui. Dobbiamo intervenire, e subito. Più tardi diremo: "E' stato difficile, ma ce l'abbiamo fatta!" dandoci il cinque sorseggiando il meritato amaro dal sapore vero.
Sappiamo bene che una cosa è manovrare la massa della bestia in acqua, altra è farlo in spiaggia, dove non c'è la spinta di Archimede ad aiutarti. In un video australiano si vedono dei bagnanti che salvano dei cetacei che si sono spiaggiati su Youtube afferrandoli chi per la coda e chi per la testa per poi ributtarli a mare e sospingerli al largo. Dobbiamo mettercela la tutta per impedire che il bestione giunga in spiaggia, se no dobbiamo fare anche la fatica di riportarlo a mare.

L'azione.
Perciò senza esitare ci lanciamo fra le onde sguazzando fra i cavalloni impetuosi. Per un attimo perdiamo di vista il capodoglio quando all'improvviso eccolo, sollevato dalla cresta di un'onda, apparire enorme a pochi metri da noi offrendo la schiena poderosa e il collo massiccio al nostro sguardo.
Mi avvicino e gli dico con tono amichevole qualcosa tipo: tranquillo piccolo, non hai nulla da temere, vogliamo solo darti una mano.
Come se avesse compreso le mie parole si volge a guardarmi con i suoi occhi piccolissimi in quel faccione smisurato. Emette anche un verso e poi fa per tuffarsi nella direzione sbagliata.
Facciamo un tentativo di bloccarlo. Io cerco di placcarlo ma rimedio in viso un colpo fortuito dalla coda dell'animale che si dimena per scapparmi. Il naso mi sanguina. Stessa sorte tocca al labbro superiore di Sasha, colpito dalla fronte arrotondata ma dura della bestia che si divincola mentre lui cerca di afferrarla per le pinne scivolose. Il cetaceo, probabilmente un cucciolo, deve essere terrorizzato. Un altra onda passa su di noi, un vortice ci risucchia sott'acqua verso il largo. Per nuotatori inesperti sarebbe una situazione mooolto complicata ma non è il nostro caso. Sono il primo a riemergere e mi guardo intorno per qualche secondo: nessuno.
Ecco che da destra emerge Sasha strillando. "E' qui, ora lo spingo dove è più profondo!" Prende aria e si getta a capofitto verso la massa nera e lucida della bestia, che riaffiorando appena nuota su un fianco mostrando anche un pezzo di pettorina bianca. Ma allora è un'orca! Sasha se ne accorge a sue spese quando la mano con cui cerca di sospingerla sott'acqua viene morsicata a sangue. 
A questo punto l'unico pensiero è: fuggire verso la spiaggia, fanculo orca assassina bastarda. Per fortuna un'altra onda sta per abbattersi su di noi che non dobbiamo fare altro che lasciarci andare a corpo morto. Riusciamo a planare come tavole da surf poi continuiamo ad avanzare in capriole casuali che ci fanno assumere le posizioni più incontrollate fino ad arenarci come relitti sulla sabbia nera di Castelvolturno. Poco dopo il mare ha la meglio anche sull'animale, depositandolo rotolante tristemente sulla spiaggia, fuori dal suo ambiente naturale.
L'orca continua a rotolare fino alla sabbia asciutta che si attacca al corpo come pan grattato su una cotoletta.

L'equivoco.
Stiamo per avvicinarci circospetti quando con sgomento vediamo una cosa che cambia immediatamente la situazione: la bestia si solleva in posizione eretta e con una pinna si toglie una cuffia nera dal capo liberando una massa di capelli neri e ricci, poi fa qualche passo di corsa fino ad un telo da spiaggia su cui una balena adulta se ne sta sdraiata, accovacciandosi al suo fianco. La balena la abbraccia protettiva, la avvolge in un lenzuolo di spugna con cui la strofina energicamente e con cui poi le soffia il naso. Poi tira fuori da un sacchetto uno sfilatino riempito di polpette e peperoni, che in pochi attimi sparisce nelle fauci del mostro, indifferente al sugo che le cola sul mento e poi sul candido V bianco del suo costume nero da orca.
Solo ora la balena si rivolge a noi emettendo i tipici suoni acuti con cui comunicano questi mammiferi.
"V'aggio vist rint'all'acqua, che ve crerite? a dda fastidje a'nenna mia. Che sfaccimm vulite? Che t'hann'fatt, bell'a mammà soia?" (1)
Eusebio non si accorge che una palla gli spunta dal costume che l'onda ha tentato di portargli via nel ricondurlo a riva, Sasha mugola per il dolore che gli pulsa nel pollice azzannato. Ci avviciniamo traumatizzati in tutti i sensi.
Imbarazzatissimo provo a spiegare il malinteso "Signora ma cosa dice? noi siamo del Vuvvueffe." Poi, rivolgendomi alla bambina intenta a mangiare "Ah, ma sei una femminuccia dunque! lo sai che nuoti proprio benissimo?"
L'orca mi punta in faccia i suoi occhi inespressivi, poi masticando racconta la sua versione.
"Chill m'ha ritt fa a brava piccerè, nun te facc niente, te vulimm ajutà. E aropp m'ha miss e mman 'ncuoll. Chillat ha ritt mò la spinco addò nun tene pere." (2)
Cerco di rassicurarla spiegando l'equivoco.
"Ma no scusaci piccola, ti abbiamo scambiata per un capodoglio, anzi un'orca in difficoltà e ci siamo precipitati a metterti in salvo e..."

La situazione precipita.
Al che la madre mi interrompe con tono minaccioso.
"Nunn aggio capito bbuono, omm'e mmerd! Comm'e ritto? Ca si scagnato a la figlia mia pe nu capocuollo? pe na porca? ma comme te permiette? ma è meglio si ve ne jate e ringraziat'a Maronna ca stongo sola io ca si nce steva maritemo o capocuollo v'o faceva veré isso." (3) E così dicendo mi scaglia uno zoccolo di legno mancandomi di poco.
L'orca assassina decide di rimediare alla lontananza paterna mettendosi a urlare come se la stessero scuoiando viva.
"Papààà paapàààà, addo staje? Austì, Giuà, currit'a ccà!"(4)
Cerchiamo inutilmente di tranquillizzarla. Ci guardiamo intorno. Poco lontano, da un accampamento di baracche di legno scolorito celeste si materializzano delle figure maschili vocianti.
L'orca ci guarda e promette soddisfatta  "Mò veneno babbuccio e i frat miej e v'arapen'o mazz." (5)
Infatti tre sagome enormi si avvicinano a passo svelto. Stiamo per fare la conoscenza col resto della famiglia. Uno dei due figli, identico a un sollevatore di pesi iraniano categoria massimi visto in TV ai giochi olimpici, urla come un assatanato "Che è stato? che è stato mammàààà?"
"Niente, niente, nessun problema" - dico a voce alta con un largo sorriso rassicurante. Non si rassicurano affatto.
La balena, anche se non ce n'è bisogno, dato che babbuccio Agostino e Giovanni sono giunti a pochi metri, si mette ad urlare facendosi sentire da tutta la spiaggia e ci sputtana travisando in modo infame la realtà.
"Vulevano fa e schifezze cu 'Ngiulina miiia! L'hanno chiamata porca e hanno ritto te piace o capocuollo? Guard' a cchillo schifuso (indica Eusebio) ll'jesce ancora 'o pesc a for'a mutanda." (6)
La creatura incalza "E me vulevano pure affucà a mare!" (7)
Eusebio si guarda fra le gambe e si riacconcia in fretta.
Babbuccio lancia un urlo e una imprecazione che fa rabbrividire la madonna che tiene tatuata sul petto. Gli altri due membri del commando si allargano a tenaglia per girarci alle spalle. Le loro intenzioni sono chiare. 
Mai ritirata sarà tanto onorevole quanto questa. Ci sono già bastati i danni fisici che Angelina ci ha inflitto in acqua e non servirebbe a nulla tentare di spiegare o chiedere pietà ai maschi, magari li ecciterebbe ancor di più. Come antilopi puntate da un branco di leoni digiuni ci dividiamo scappando in diverse direzioni. Prego con tutto il cuore che se decidano di inseguirne uno quello non sia io. Fortunatamente sono inseguito solo da minacce di morte e da pesanti invettive contro mia madre. Senza voltarmi nemmeno a guardare cerco scampo nella pineta in cui mi inoltro fino a quando non sento più le urla.

Il meritato amaro...
Sono nascosto da un'ora ai margini della spiaggia, il sole sta per calare e le zanzare mi attaccano, decine di mosconi ronzano intorno ad una cacata. 
Rifletto e arrivo alla conclusione che (d'accordo, abbiamo scambiato una bambina di 150 kg per un balenottero) fare il militante del Vuvvueffe o di Grinpìs è un'impegno che da queste parti non è concepibile, anzi non è proprio benvisto. In un posto più civile avrebbero capito senza problemi il comprensibile abbaglio ed avrebbero comunque apprezzato le nostre ecologiche intenzioni. Magari su nel Mar Baltico o intorno ai laghi del Canada, dove la sensibilità sui temi ambientali è una questione importante, il tutto si sarebbe risolto con una risata e una stretta di mano, ma da queste parti, dove già ti guardano con sospetto se ti metti a raccogliere a gratis la plastica e le cartacce dalle spiagge, figuriamoci se possono avere idea della soddisfazione di salvare la vita ad un gigante del mare.
Di Eusebio e Sasha nessuna traccia. Temo siano stati catturati. Mi incammino a piedi scalzi verso la strada e rifaccio il cammino fino alla Panda scansando siringhe cocci di vetro e cacate e temendo il peggio. Infatti dopo un quarto d'ora li ritrovo, i volti orrendamente tumefatti. Hanno le loro Nike ai piedi: spiegano che tornare in spiaggia a riprenderle dopo che erano riusciti a mettersi salvo è stato  l'errore più tragico di tutta la giornata. Penso che già che c'erano potevano recuperare anche le mie, gli stronzi, ma francamente non me la sento di rimproverarli. Osservano in lacrime l'automobile tutta ammaccata e con i finestrini e i fanali spaccati. Anche su di essa babbuccio, Agostino e Giovanni hanno infierito senza pietà. E' già qualcosa che non l'abbiano data alle fiamme. Speriamo che il babbo di Sasha quando vedrà in che stato è ridotta non si arrabbi altrettanto.

 per chi non comprenda il dialetto casertano
(1)Vi ho visti in acqua, cosa credete? Dare fastidio alla mia piccola. Che cosa mai volete? Che ti hanno fatto, bella di mamma sua? 
(2)Quello mi ha detto fa' la brava piccolina, non ti faccio niente, ti vogliamo aiutare. E poi mi ha messo le mani addosso. Quell'altro ha detto ora la spingo dove non ha piede.
(3)Non ho capito bene, uomo di merda! Come hai detto? Che hai scambiato mia figlia per un capicollo? per una porca? ma come ti permetti? ma è meglio se ve ne andate e ringraziate la Madonna che mi trovo sola perchè se fosse stato presente mio marito il capicollo ve lo avrebbe fatto vedere lui.
(4)Papà, papà, dove sei? Agostino, Giovanni accorrete!
(5)Adesso vengono babbuccio e i miei fratelli e vi aprono il sedere.
(6)Volevano fare le schifezze con la mia Angelina. L'hanno chiamata porca e le hanno detto ti piace il capicollo? Guarda quello schifoso, ha ancora il membro che gli fuoriesce dalle mutande.
(7)e volevano anche annegarmi!

Due parole dell'autore.
Il senso di questo racconto è cercare di aprire gli occhi dei miei lettori più giovani. Quando prendete una posizione cercate di documentarvi bene e di non lasciarvi convincere da ipotesi suggestive. Per esempio, se non distinguete un bond da un buono sconto dell'Ikea non avventuratevi in accese discussioni sui motivi della crisi economica in Europa. Se non sapete distinguere un difensore dei diritti umani da un ministro degli Esteri guerrafondaio, talmente interessato ai diritti umani da dimenticarsi delle vite di esseri umani, non entusiasmatevi quando sentirete parlare di missioni di pace.
Tenete presente che distinguere fra una bambina cicciona in mare e una balena in molti casi è molto, molto più facile che distinguere un celebrato filantropo da un criminale pervertito. 
Inoltre, quando decidete di intraprendere una azione, cercate di mettervi sempre nei panni di chi è oggetto di questa azione, soprattutto quando questa sarà compiuta in un ambiente che non è il vostro e vi porterà a confrontarvi con una cultura diversa dalla vostra. Essere animati dalle migliori intenzioni non è garanzia automatica di esito positivo, mentre invece cedere all'assalto delle mignotte, apparentemente una colpevole debolezza, significa cogliere l'occasione di salvezza che il destino ti sta offrendo.
alonzo
 


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